Comunicazione

Esistono molte teorie diverse su come il linguaggio si sviluppi nel bambino; non è finalità di questo testo esporle in modo dettagliato, ma vi sono alcuni punti fondamentali che è bene conoscere per poter comprendere il razionale delle attività raccolte e per poterle proporre nella maniera corretta (in particolare nella fascia 0-3 anni).
Verranno riassunte in modo estremo alcune nozioni di base sulla comunicazione, potendo paragonare questa parte introduttiva alle istruzioni di montaggio dell’IKEA: quando compriamo i mobili della nota ditta ci cimentiamo solitamente iniziando ad assemblare senza leggere le istruzioni perchè apparentemente ci sembra un compito facile, ma di solito così facendo nel migliore dei casi ci accorgiamo che non abbiamo messo 3 viti dove andavano messe e nel peggiore ci si ritrova a litigare con il famigliare sul miglior metodo di montaggio.
La parte operativa di questo libro è semplice, ma prima è meglio leggere le “istruzioni”.

Quando si pensa ad “insegnare al bambino a parlare” normalmente ci si riferisce solo alle parole che il bambino impara a dire, ma si trascura l’aspetto più ampio che potremmo definire “il trampolino” della parole che è la comunicazione.

Il primo assioma della comunicazione cita “Non si può non comunicare” ad esprimere che qualunque cosa noi facciamo/diciamo o decidiamo di non fare/dire manda un messaggio a chi ci sta attorno.
Pensiamo ad esempio ad un bambino che rimane zitto in un angolo: sta comunicando la sua volontà di rimanere in disparte.
Ciò avviene già dai primi giorni di vita del neonato che analizzando ed elaborando le risposte dell’ambiente alle sue azioni (il bimbo piange → la mamma lo prende in braccio) e le interazioni che avvengono tra le persone attorno a lui, impara egli stesso a comunicare in maniera efficace.

Si definisce modelling l’attività di mostrare un esempio di comunicazione corretta, aspettare che l’utente (il bambino) la imiti e riproporla di nuovo eliminando gli eventuali errori (es. “Oh.. la bambina vuole fare la pappa” “Bimba pappa” “Sì, la bambina vuole fare la pappa”); questa operazione avviene in modo spontaneo nell’interazione madre-figlio quando il piccolo inizia a produrre i primi versi/pernacchie, la madre lo imita e propone “versetti” diversi da quelli proposti es. il bambino produce “Gà-gà” e la mamma risponde “Gà,gà..gù-gù”.
È esperienza comune il riuscire a comprendere qualche frase in una lingua straniera pur tuttavia non parlandola, questo perchè la nostra capacità di comprensione linguistica si sviluppa molto prima della possibilità di riprodurre quei suoni nello stesso ordine per dire un concetto che vogliamo esprimere (un esempio sono i tentativi goffi di cantare le sigle dei telefilm o canzoni in inglese senza conoscerne il significato). Lo stesso avviene nel neonato che riesce a dire le prime parole solo molto tempo dopo che è stato in grado di comprenderle.

Quindi bisogna sempre tenere a mente che NULLA VA PERSO.
Quando ci si mette davanti ad un bambino di 5 mesi e con intonazione piuttosto mielosa gli diciamo: “Ma che bel nasino che hai!” Ed intanto glielo indichiamo “Guarda il mio com’è grooooosso” ed indichiamo il nostro, ci sentiamo ridicoli e potrebbe venirci in mente l’idea che il bambino in quel momento non stia imparando nulla; invece le possibili informazioni linguistiche che gli stiamo fornendo potrebbero essere:

• “naso”: parte del viso presente in entrambi;
• desinenza “-ino”: utilizzata per indicare dimensione ridotta;
• “grosso”: aggettivo per indicare dimensione.

Oltre a ciò gli stiamo insegnando a guardare in faccia l’interlocutore e stiamo rinforzando l’idea che avere uno scambio comunicativo può essere un’esperienza molto piacevole.

Se è vero che NULLA VA PERSO è anche vero precisare che “nulla va perso” all’interno di una RELAZIONE. Esemplifico: giocare alla cucina INSIEME con il bambino lo aiuterà ad imparare i vocaboli legati a quell'ambiente (fragola, padella, forno, bottiglia,..), ma fargli vedere i documentari sulla creazione dell’universo in russo non gli permetterà di acquisire alcuna competenza (anche se sarebbe comodo).

ParLAmi
ParLAmi
Anna Accornero - Chiara Parisella
I bambini che faticano a comunicare possono spesso avere problemi non solo nel linguaggio, ma anche nella musica - discriminazione uditiva, percezione ritmica, movimenti fini, coordinazione. La pedagogia musicale risulta un approccio ideale per la sua semplicità e immediatezza, sviluppando abilità sonore e musicali in un modo giocoso e offrendo un ambiente sicuro che promuove la comunicazione.Ecco perché abbiamo creato un progetto per fornire strategie operative utili a insegnanti, educatori, professionisti e genitori che desiderano stimolare le abilità linguistiche attraverso attività musicali. Abbiamo anche incluso una sezione dedicata a genitori/educatori che si occupano di bambini da 0 a 3 anni.Le attività proposte non sono lezioni di musica, ma piuttosto strumenti terapeutici per supportare, non sostituire, la terapia del linguaggio. Sono suggerimenti che possono essere adattati alle esigenze specifiche del bambino e del contesto.Per rendere queste attività accessibili a tutti, abbiamo incluso file audio delle canzoni suggerite. Tuttavia, raccomandiamo l'esecuzione dal vivo senza l'uso di tecnologia per fornire un modello di imitazione efficace.